Via del Mandrione è grande nodo archeologico del suburbio dove, nel punto oggi marcato dalla Fontana di Clemente XII, si incontrano ben 8 acquedotti. Dopo la rovina delle antiche strutture, Papa Sisto V impianta il suo nuovo acquedotto e realizza in questo luogo un fornice monumentale per celebrare la sua opera, noto come Porta Furba. La via che costeggia l'acquedotto Felice torna ad essere solcata da pastori e dalle loro mandrie, dando origine al toponimo che fu conservato nella toponomastica moderna. A partire anni 1950, troveranno invece rifugio in casupole di fortuna nate sotto i fornici dell'Acquedotto Felice una comunità eterogenea formata da sfollati di guerra, emigrati dal sud, rom e prostitute la quale sopravvisse - fino al completo smantellamento e ricollocazione degli abitanti - a metà degli anni 80 del secolo scorso. Gli archi apparivano tamponati in maniera approssimativa da muri fatti di laterizi e tufo, che componevano anche il resto della struttura costituita da un solo ambiente senza acqua, elettricità o servizi igienici. Ancora oggi sono visibili i segni di questo riuso. All'altezza del tratto della Via Casilina parallelo al Mandrione, sorgeva la Villa della famiglia Ojetti (chiamata Certosa perché precedentemente di proprietà dei monaci camaldolesi), che nella metà degli anni '20 fu venduta e convertita da costruttori in palazzi eleganti per il ceto medio e poi in un complesso di Case popolari (Casilino I) di discreto pregio. I terreni adiacenti appartenenti alla stessa proprietà, un tempo chiamata via delle vigne del Mandrione, furono parcellizzati in piccoli lotti vendute a singoli, spesso muratori, che vi realizzano baracche circondate da piccoli giardini, creando un "borghetto" che ha lasciato il posto a casette basse in tufo e muratura oggi chiamato “Certosa”, un segmento di Torpignattara legato ma anche avulso dal resto del contesto del quartiere, zona altamente gentrificata dal sapore rurale e antico.