In un discorso pronunciato al Senato il 18 marzo 1932, da Mussolini così spiegava la ratio che ispirava le migliorie per la città previste dal nuovo assetto urbanistico: “Spostando la popolazione verso i colli o verso il mare, noi effettuiamo il disistipamento di Roma, demoliamo tutte le casupole infette, facciamo i diradamenti necessari a tutti i fini, diamo del sole, della luce, dell'aria al popolo”. Il Duce vedeva nelle borgate la possibilità di nascondere agli occhi la povertà, la criminalità, la sofferenza e anche un modo per isolare i dissidenti al Regime, creando quel moderno concetto di stigma nei confronti del “borgataro” a cui si contrappone l'ideale borghese. Nel dopoguerra il nuovo corso democratico sostanzialmente continua a cavalcare la politica abitativa come forma di consenso e le borgate ufficiali commissionate dal Governatorato vengono ampliate, terminate o ricostruite da capo, come nel caso di Tor Marancia, rasa al suolo dall'originaria sede e riedificata nell'attuale posizione, selezionando una zona, all'interno dell'area fortemente depressa, esposta ad una fortissima umidità e a fenomeni di allagamento, che fosse maggiormente riparata e progettando edifici sviluppati in altezza. Nell'immaginario, queste casette talvolta immerse nell'acqua suggerirono all'occhio cinico e fantasioso dei romani, il soprannome di Shanghai, città orientale che sorge praticamente sul delta di un fiume. Dietro questo nome, si nascondono oggi una storia e un vissuto di emarginazione sociale tramandato dalle vecchie generazione di residenti alle nuove, da loro tutti trasformato in un tratto di unicità e “follia” come suggerisce il numero 35, ricorrente nella simbologia del luogo. Lo storico lotto 1 della società ATER del Comune di Roma è dal 2015 sede del progetto Big City Life ideato e curato da Stefano S. Antonelli e da 999 Contemporary. Un corpus museale costituito da ben ventidue opere, due per ciascun edificio, realizzate da altrettanti artisti internazionali in soli due mesi di lavoro.